Vento di Trapani: la città dei due mari

Enrico Fermi

Enrico Fermi, a cui è dedicata un’aula al Centro Ettore Majorana, merita un articolo a parte. Infatti è considerato, dopo Galileo Galilei, il più grande fisico italiano di ogni tempo.

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Vita di Enrico Fermi

Enrico Fermi nacque a Roma nel 1901.

Nel 1926 fu assegnata in Italia la prima cattedra in fisica teorica, presso l’Università di Roma. Fermi, il suo titolare, aveva solo 25 anni. Questo già fa intuire la sua precoce genialità.

I ragazzi di via Panisperna

A Roma Fermi creò un gruppo giovane, capace di competere con i migliori gruppi al mondo nel campo della “nuova fisica”, la meccanica quantistica che proprio in quegli anni si andava consolidando.

Di questo gruppo facevano parte il fisico sperimentale Franco Rasetti, Emilio Segré, Edoardo Amaldi, Ettore Majorana e, più tardi, Bruno Pontecorvo.

Il gruppo era noto col nome “i ragazzi di via Panisperna”, la strada dove si trovava l’Istituto di Fisica.

Il decadimento beta e l’interazione debole

Fermi e il suo gruppo cominciarono occupandosi di radioattività naturale. Questa è una proprietà caratteristica di alcuni nuclei atomici che si trasformano spontaneamente in elementi diversi emettendo particelle subatomiche o radiazioni molto penetranti.

Il fenomeno è noto in tre forme: α, in cui un nucleo pesante emette un nucleo di elio; β, caratterizzata dall’emissione di un elettrone; γ, che consiste nell’emissione di un fotone di energia elevata.

Dei tre processi il più oscuro ai tempi di Fermi era la radioattività β.

Tra il 1933 e il 1934 Enrico Fermi elaborò la teoria del decadimento beta e dell’interazione debole, una nuova forza fondamentale della natura che si aggiunge alle due allora note: la gravità e l’elettromagnetismo. Dopo si è aggiunta l’interazione nucleare.

Il decadimento β è una trasformazione nucleare in cui si verifica l’emissione di un elettrone negativo.  Nella trasformazione nucleare vengono simultaneamente prodotti un elettrone (e−) e un neutrino (ν); contemporaneamente un neutrone (n) si trasforma in un protone (p).

Quindi l’interazione fermiana, oggi chiamata interazione debole, produce la trasformazione di un neutrone in un protone (o viceversa), accompagnato dalla creazione di un elettrone e di un neutrino.

Già Pauli nel 1930 aveva ipotizzato l’esistenza del neutrino, allo scopo di inquadrare il decadimento β nelle leggi di conservazione dell’energia e della quantità di moto.

La radioattività artificiale

In seguito alla scoperta della radioattività artificiale da parte di Irene Curie e suo marito Frederic Joliot nel gennaio del 1934, il gruppo cominciò a lavorare sulla radioattività artificiale. Fermi e Rasetti costruirono gli strumenti necessari al fine di studiare la radioattività.

Nel 1934 Fermi venne a conoscenza del fatto che irradiando un materiale con particelle α esso diventa radioattivo. Comprese rapidamente che il fenomeno poteva essere indotto più facilmente da neutroni che, non essendo carichi, non subivano alcuna repulsione da parte del nucleo bersaglio, che ha carica positiva, come invece avveniva alle particelle α, anch’esse di carica positiva.

Così decise di bombardare i nuclei bersagli con neutroni, utilizzando come sorgenti di neutroni radon e berillio.

Fermi e il suo gruppo proseguirono nella loro attività di bombardamento di tutti gli elementi della tavola periodica. Arrivati al numero 90 (torio) e al numero 92 (uranio), osservarono numerosi radionuclidi che erroneamente interpretarono come nuovi elementi.

Per caso Fermi scoprì che l’attività indotta era molto maggiore se frapponeva un blocco di paraffina tra sorgente e bersaglio. Egli intuì che l’effetto era dovuto alla presenza dell’idrogeno nelle molecole di paraffina.

Il risultato del passaggio nella paraffina era che i neutroni erano efficacemente rallentati, ma la radioattività indotta raggiungeva il suo massimo con questi neutroni ‘lenti’.

Nei mesi successivi il gruppo bombardò con neutroni lenti i nuclei di una serie di elementi diversi, scoprendo nuove sostanze radioattive.

La fissione del nucleo dell’uranio

Bombardando i nuclei di torio e di uranio, il gruppo pensò di aver ottenuto una trasmutazione importante, la creazione di elementi trans-uranici, ovvero di elementi con un numero atomico superiore a quello dell’uranio. In realtà avevano ottenuto la fissione del nucleo dell’uranio.

I risultati di tutti questi esperimenti furono pubblicati nel 1936 e brevettati dai fisici del gruppo di via Panisperna.

Il gruppo di Fermi si scioglie

Ma intanto il gruppo iniziò a dissolversi. Majorana scomparve. Rasetti andò in America, Pontecorvo in Francia, Segrè a Palermo. E proprio mentre nel 1938 il governo fascista varò le leggi razziali, Enrico Fermi vinse il premio Nobel.

La moglie, Laura Capon, era di origine ebree. Lei e i loro figli erano in pericolo.

Così decisero di approfittare della premiazione per il Nobel a Stoccolma per fuggire dall’Italia e recarsi a New York.

Gli studi a New York

Qui continuò i suoi esperimenti.

All’inizio del 1939, Fermi apprese che Otto Hahn e Fritz Strassmann a Berlino avevano ottenuto la fissione dell’atomo di uranio.

I nuclei degli elementi più pesanti, come l’uranio, bombardati con neutroni, si dividono in due frammenti approssimativamente uguali tra loro e la rottura è accompagnata dall’emissione di un piccolo numero di neutroni e di energia sotto forma di fotoni.

Allora Fermi dimostrò che è possibile attivare una reazione nucleare a catena con una liberazione esplosiva di energia di molti ordini di grandezza superiore a quella di qualsiasi reazione chimica usata fino ad allora.

Siamo nel periodo che precede la Seconda guerra mondiale.

Il progetto manhattan

Fermi e un gruppo di altri fisici fuggiti dall’Europa pensavano che le potenze libere avrebbero fatto bene a dotarsi dell’arma nucleare come deterrente nel caso che la Germania nazista l’avesse usata. Infatti in Germania erano rimasti molti fisici in grado di raggiungere l’obiettivo.

Dopo tre anni gli Stati Uniti avviarono il progetto Manhattan per l’effettiva costruzione della bomba.

Il progetto prevedeva due fasi: la dimostrazione che la reazione nucleare a catena può essere innescata e la realizzazione della bomba. Enrico Fermi diresse la prima fase. Il 2 dicembre 1942 a Chicago verificò il funzionamento della “pila atomica”, il primo reattore nucleare a catena controllata.

Subito dopo a Los Alamos fece parte del gruppo scientifico dirigente che mise a punto la bomba. Il  venne portato a termine nel 1945, con l’esplosione di Alamogordo a cui Fermi assistette in prima persona.

La fine della guerra

Dopo Hiroshima e Nagasaki, Enrico Fermi ritornò alla vita normale. Insegnò a Chicago ottenendo altri importanti risultati scientifici.

Ma morì nel 1954, a soli 53 anni, a causa di un tumore, probabilmente contratto per le sue persistenti esposizioni alle radiazioni.

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