Vento di Trapani: la città dei due mari

Chiesa di San Giuliano tra alberelli, mostre, storia e leggenda

L’albero della rinascita in Piazzetta San Giuliano

albero piazzetta San giulianoL’albero in piazza San Giuliano esposto per il Natale 2017 è una ammirevole iniziativa dei bambini del catechismo e delle loro famiglie, in collaborazione con il corpo forestale e i commercianti, per non dimenticare il fuoco che ogni estate devasta i boschi della bella montagna di Erice. In particolare quest’anno la devastazione del fuoco è stata davvero dolorosa e ha dato origine a rabbia nei cittadini e numerose polemiche su cause e responsabilità della classe politica, del corpo forestale e di tutti gli abitanti.

Così piazza San Giuliano è stata addobbata con uno degli alberi colpiti dagli incendi e con altri alberelli che  verranno piantati nei boschi ericini come simbolo della volontà di rinascita.

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Il verde di Erice

Per chi non lo sapesse il monte Erice è alto 840 m sul livello del mare ed è coperto in massima parte da pinete, querce ma anche lecci e roverelle.  Si arriva alla cima del monte con strade costeggiate da fitte pinete. In vetta c’è un’area attrezzata nei pressi di Porta Spada. I giardini all’inglese del Balio sono ricchi di piante e di pini, noci, mandorli ed altri alberi da frutto.

Lungo la provinciale, l’area attrezzata di Martogna, a circa due km da Trapani, ha  boschi di pini d’Aleppo, eucalipto e quercia.

A circa quattro km dalla vetta il Corpo forestale ha istituito un Museo agro-forestale in località San Matteo. Il museo è allestito nel Baglio Cusenza con antichi attrezzi agricoli ed artigianali, collezioni di sezioni e frammenti appositamente disseccati di piante forestali, uccelli imbalsamati, nidi e rettili conservati in formalina. Il baglio si trova in un’area della montagna che presenta balze rocciose percorse da profondi canaloni, grotte, anfratti e ampi pianori con conifere e latifoglie, ma anche noci, ciliegi, carrubi e mandorli.

Lungo il ripido sentiero di Sant’Anna, una delle vie che portano ad Erice, si estende il bosco demaniale costituito in gran parte da querce.

Per i cittadini di Trapani la montagna di Erice e il suo verde esteso rappresenta un vero e proprio patrimonio ambientale. Da proteggere assolutamente!!

Chiesa di San Giuliano

La chiesa di San Giuliano, è uno dei luoghi di culto cattolici di Erice più antichi. Fu costruita nell’XI secolo per ordine di Ruggero il Normanno, come ringraziamento nei confronti del Santo che lo aiutò a cacciare via gli Arabi dalla città.

Al tempo dei Normanni era una piccola chiesa in stile gotico. Venne ricostruita e modificata nel XVII secolo con le tre navate ornate da stucchi barocchi che le danno un aspetto imponente. Il portale esterno è in stile rinascimentale. Il campanile esterno alla chiesa, di epoca barocca, con un caratteristico tetto a pagoda, fu realizzato nel 1770.

La leggenda di San Giuliano

Nel 1077 i Normanni comandati da Giordano d’Altavilla conquistarono Trapani, mentre i Mussulmani si asserragliavano nella fortezza di Gebel-Hamed. Il Gran Conte Ruggero giunse per assediare la fortezza. Poiché i mussulmani resistevano, Ruggero implorò l’aiuto divino invocando, tra gli altri santi, anche S. Giuliano.

La leggenda dice che all’alba apparve ai Normanni un cavaliere con un mantello rosso sopra un destriero bianco, che brandiva una spada con la destra, teneva sulla sinistra un falcone ed era accompagnato da una muta di cani. Infatti anche all’interno della chiesa San Giuliano viene raffigurato come un giovane uomo, vestito alla romana, con un mantello rosso e armato di spada e falcone.

san giuliano e SantAlberto Centro Sales tela raffigurante San Giuliano

Spronato il destriero e sguinzagliati i cani, il cavaliere cominciò ad incalzare i mussulmani con spada e falcone. Terrorizzati, i mussulmani fuggirono abbandonando la città. I Normanni, parandosi loro davanti, li uccisero tutti.

Grato all’aiuto divino, Ruggero fece edificare una chiesa che intitolò a San Giuliano e comandò che Erice si chiamasse da quel momento in poi Monte San Giuliano.

Il santo, detto il “liberatore”, divenne poi protettore della città.

Bella storia, anche se piuttosto sanguinosa…Forse un po’ poco cattolica e razzista, diremmo ai nostri tempi. Un po’ raccapricciante, anche.

Il monte Erice fino al 1934 fu chiamato monte San Giuliano. Poi fu richiamato Erice.  Ma per i trapanesi rimane sempre “‘u Munti“!

Il culto di San Giuliano

Quella dedicata a San Giuliano fu la prima chiesa sorta ad Erice dopo l’espulsione dei mussulmani. Stando a quanto riportato dall’arciprete Vito Carvini, la seconda fu quella di Sant’Ippolito, chiesa rupestre ancora esistente.

Da precisare però che il Santo Julianus Martyr, per il quale fu eretta una chiesa nel punto più alto del Monte e che è ricordato ad Erice il 22 di maggio, così come nel Calendario della Chiesa Cartaginese, è stato venerato nel territorio trapanese fin dall’antichità. Probabilmente identificato con un giovane martire della persecuzione dell’imperatore Valeriano, a Cartagine nel 259. Si tratta perciò di un culto antichissimo dei cristiani del nostro territorio, che risale ai primi secoli dopo Cristo e probabilmente è stato importato dai marinai da Cartagine a Trapani.

L’interno della chiesa

A causa del crollo della navata centrale nel 1926 la chiesa venne chiusa al culto fino ai recenti restauri.

La fonte battesimale è opera del 1718 di Leonardo Crivaglia, mentre la cappella di San Giuliano è un’opera lignea di Pietro Orlando.

La chiesa ospita i gruppi statuari dei “Misteri”, rappresentanti la morte e la passione di Cristo, in processione ogni Venerdì Santo.

Adiacente alla chiesa, nella piazzetta omonima, vi è la statua marmorea di Sant’ Alberto degli Abati, opera dello scultore palermitano Nicolò Travaglia.

Mostra di ceroplastica nella chiesa di san Giuliano

Ceroplastica

L’arte della ceroplastica ha origini molto antiche. Era conosciuta dagli Egizi, dai Fenici e dai Romani che utilizzavano la cera per creare amuleti, oggetti d’oro, gioielli e persino monete. Era considerata, tuttavia, arte minore di artigianato popolare.

La ceroplastica insieme all’arte sacra in generale si evolveva sempre di più in seguito all’espansione del Cristianesimo. La materia usata era la cera vergine d’api che secondo la tradizione popolare portava con sé i caratteri della sacralità. Le Istituzioni religiose e i ricchi privati commissionavano molti manufatti per le loro case, come arredo, o per devozione. Firenze fu la prima città d’Italia ad avere una scuola di ceroplastica e le prime botteghe.  Anche ad Erice, ricca di chiese e monasteri, si sviluppò notevolmente la ceroplastica anche se le cere ericine mostrano caratteristiche del tutto particolari e inconfondibili che le differenziano dalla produzione di tutta l’Italia.

La ceroplastica in Sicilia

La consuetudine diffusa in Sicilia dalla seconda metà del secolo XVII di celebrare il Natale con il presepe portò i nostri artigiani a creare con le cere anche i piccoli personaggi del presepe. Da fatto prettamente religioso, il presepe si trasformò in esposizione di oggetti d’arte e veniva commissionato da aristocratici e borghesi per addobbare  le loro case raffinate.

I ceroplasti producevano piccole statuette finemente lavorate impreziosite da abiti in seta, nastri, tulle, corallini e collane. Spesso le statuine erano sistemate dentro campane di vetro. L’arte della manipolazione della cera ed il suo trattamento con altri materiali veniva trasmessa dalle suore più anziane a quelle più giovani.

A parte la Natività erano ricorrenti altre scene sacre come La Fuga in Egitto e l’Annunciazione.

Nelle cere ericine non mancano mai i dettagli floreali realizzati in pasta d’amido. Ogni fiore e ogni composizione floreale avevano un significato ben preciso, che può comprendere chi conosce la simbologia dei fiori.

Le composizioni più frequenti sono quelle con il Bambino Gesù in pose differenti circondato da decori floreali, agnelli, colombe, colonne o strutture architettoniche.  Un’altra particolare caratteristica della ceroplastica ericina era l’uso di colori accesi.

Opere di ceroplastica al museo Cordici

Due opere custodite nel Museo Civico di Erice: la “ Fuga in Egitto” e il “Bambinello Gesù”  sono particolarmente pregiate e di valore artistico.

La Fuga in Egitto è della fine del XVIII secolo. Raffigura la Madonna in groppa ad un asinello, che tiene  in braccio il Bambinello, affiancata da San Giuseppe. Un angioletto guida il loro cammino in uno scenario naturalistico tra arbusti, foglie e fiori.

Il Bambinello Gesù invece è rappresentato mentre dorme su una culla ricamata in seta, fili d’oro e paillettes circondate da alti steli di fiori e foglie in pasta d’amido su dei vasi realizzati con la stessa tecnica.

Il Teatro Gebel Hamed

Teatro Gebel Hamed ex Cinema della VittoriaIn via Vittorio Emanuele, non molto lontana dalla piazzetta Loggia, c’è una piccola scalinata che porta a quello che ora è diventato il polo Museale Cordici. Pochi passi prima troviamo il Teatro Gebel Hamed. Ex cinema della Vittoria è stato ristrutturato di recente e divenuto teatro dove si svolgono spesso concerti e rappresentazioni.

Perché Gebel Hamed?

Nei tre secoli di dominazione bizantina (555-827) Erice aveva assistito ad un grave deterioramento economico, sociale e culturale. La popolazione era sottoposta ad un regime di dittatura militare e vessazioni fiscali ed era fuggita dalle città nelle campagne.  Vi furono numerose rivolte tutte finite nel sangue.

Eufemio da Messina, un ufficiale bizantino ribelle, nell’823 circa, a Siracusa, si proclamò imperatore indipendente della Sikelia. Ma alcuni governatori fedeli a Bisanzio gli si erano rivoltati contro e lo costrinsero a fuggire. Allora Eufemio si rifugiò presso Ziyadat Allah I, emiro aghlabide di Qayrawān, città della Tunisia.

Gli arabi già progettavano la conquista della Sicilia così insieme all’ufficiale siciliano progettarono lo sbarco nell’isola. Nell’827 Eufemio tornò in Sicilia con una grande flotta comandata da Asad ibn al-Furat che sbarcò nei pressi di Mazara del Vallo, in una zona oggi denominata “cala dei turchi”. Egli sperava di ricevere potere e onore in cambio, tuttavia dovette presto rendersi conto che i capi arabi da liberatori si erano trasformati in conquistatori, tradendo gli accordi e diventando suoi nemici.

In questo modo Eufemio aprì la via alla conquista araba dell’isola, iniziata con l’occupazione di Mazara e conclusa con quella di Taormina (902).

Erice durante la dominazione araba

Si ignora l’anno preciso in cui Erice cadde in mano mussulmana: la conquista della città avvenne tra l’831 e l’841. Durante la dominazione araba Erice fu chiamata Gebel-el-Hamed, cioè montagna di Hamed, forse un emiro del territorio trapanese.

Retta da emiri o valì nominati dagli Aghlabidi d’Africa, con Palermo e non più Siracusa come capitale, la Sicilia ebbe una sorte non dissimile da quella degli altri paesi conquistati dagli Arabi. Questi nel complesso si dimostrarono molto più abili e più popolari dei Bizantini e introdussero in Sicilia molte novità.

In epoca normanna Erice ebbe grande importanza e taluni storici ritennero che essa sia stata in gran parte edificata in questo periodo. I Normanni ne restaurarono le mura e il castello.

Chiesa di San Martino

Anche la chiesa di San Martino, una delle più eleganti di Erice, fu costruita dal Conte Ruggero in stile gotico. La vecchia chiesa gotica di epoca normanna venne ampliata nel 1682. Il portale esterno è in stile barocco. Nei secoli successivi,  affreschi, stucchi e tele e  la decorazione in marmo libico di tutti gli altari la abbellirono ulteriormente. Comunicante dall’interno con la sacrestia di San Martino si trova l’elegante oratorio rococò con stucchi e affreschi. Il cortile è rinascimentale. La pavimentazione è in parte formata da lastre tombali risalenti al XVII e XVIII secolo.

Chiesa san Martino Erice

Di particolare interesse una Madonna della Luce nel transetto sinistro, una delle più belle statue conservate nelle chiese ericine.

Anche la Chiesa di San Martino ospita interessanti spettacoli.

Il 6 gennaio 2018 nella chiesa di San Martino assisteremo al concerto ” II sacro ritrovato“, ultimo appuntamento per questo periodo natalizio.

fonti:

Salvatore Corso – Giuliano martire a Cartagine nel 259 ed il suo territorio da Trapani al Monte

in “La Fardelliana” XVI,1997

http://www.trapaninostra.it/libri/Alberto_Costantino/Gli_Arabi_in_Sicilia/Gli_Arabi_in_Sicilia.pdf