Vento di Trapani: la città dei due mari

Tra Nubia e Salinagrande, le saline

Oggi andremo a fare un giro nei dintorni di Trapani. Andremo a Nubia, poi Palma e infine Salinagrande.

Nubia, terra dell’aglio rosso e del sale

Eccoci a Nubia. E’ una frazione di Paceco, a pochi kilometri da Trapani, famosa per le sue saline e per l’aglio rosso. Esiste una vasta regione in Egitto che si chiama Nubia, sulle rive del Nilo.

 “In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei”
Il termine “Nubia” deriva dall’antico egizio Nwb, che significava “oro“. In quella regione era concentrata l’estrazione di gran parte del prezioso metallo, dai tempi più remoti fino ai primi secoli dell’era cristiana. La regione ora è desertica, ma un tempo lontano sicuramente era più piovosa e ricca di vegetazione.
In tempi antichi costituiva un regno indipendente, il Regno di Kush, sede di un’antica civiltà che fu una sorta di anello di congiunzione tra le genti del bacino Mediterraneo e quelle dell’Africa nera.

Il nome dell’oro

Mi sono sempre chiesto, perché gli arabi hanno dato a questo posto in Sicilia il nome dell’oro? Forse perché il sale era prezioso?
A Nubia ci sono le bellissime saline Culcasi con il Museo del Sale. Di questo ne abbiamo già parlato. C’è una delle tante Torri di avvistamento che risalgono al periodo spagnolo. Il litorale è bello. Da qui si vedono le tre isole Egadi e Trapani la si vede dal lato del porto. Si intuisce che il porto si trova oltre l’imponente costruzione dell’Ospizio Marino “Riccardo Sieri Pepoli”, che sembra vicina e affascinante. Anche qui c’era una spiaggia dove si portavano i bambini malati perché l’aria di mare fa bene a certe malattie.

Ma cos’era Nubia nell’antichità? Forse  era  un piccolo casale arabo, precisamente un manzil (luogo di sosta dove si scende da cavallo) sopravvissuto poi in periodo normanno.

La Salina Calcara

Nei pressi della foce del Torrente Baiata, di fronte al Mulino Culcasi col Museo del Sale, c’è la salina Calcara. In realtà questa salina si trova su un isolotto, l’isola di Sant’Alessio. Di fronte al porto di Trapani c’erano altre quattro isolette come questa. Erano Roncilio, Santa Margherita, Sant’Antonio dove si trova ora il Lazzaretto, e l’isolotto Peliade con la Colombaia, che esiste ancora come isoletta.

Testimonianze sotto i mari

Il mare di Nubia è cosparso di secche. Ma più avanti nasconde tante testimonianze di vicende storiche. Ad oltre cinquanta metri e ad una profondità di otto, è stata ritrovata una banchina portuale sprofondata, ben costruita e dai massi quadrati. A poca distanza, i resti di un naufragio o di una battaglia navale. Forse si trattava dell’antico porto di Trapani, che a quanto sembra non si trovava nel posto attuale ma più avanti, verso Nubia. I resti ritrovati in mare ci riportano indietro nel tempo, fino alla famosa battaglia del 241 a.C.

La zona è piena di resti di anfore olearie e vinarie sepolte dalla sabbia che le conserva bene. Talvolta i movimenti delle sabbie profonde riportano alla vista un’anfora  o qualcos’altro.

Tra il Ronciglio, la spiaggia dell’Ospizio Marino e le saline di Nubia ci sono centinaia di frammenti di anfore.

Palma e la piazza Giuseppe Montalto

Camminando verso Marsala nella strada provinciale 21 arriviamo nella frazione di Palma. Qui, di fronte alla bella chiesa di San Giuseppe con accanto un campetto di calcio, da pochi anni è stata allestita una piazza. Ci sono panchine, giochi per bambini e, verso il fondo, un monumento.

piazza Giuseppe Montalto, Palma, Trapani

E’ stato inaugurato il 18 dicembre 2009 per ricordare l’agente di polizia penitenziaria Giuseppe Montalto, ucciso dalla mafia nella sua abitazione qui a Palma.

Giuseppe Montalto aveva appena 30 anni quando è stato ucciso. Era in servizio al carcere dell’Ucciardone di Palermo, nella sezione di massima sicurezza, quella riservata ai boss. In pratica, i criminali mafiosi sottoposti al regime carcerario 41 bis.

Ad aggravare la cattiveria del gesto, fu ucciso il 23 dicembre del 1995, l’antevigilia di Natale. Davanti alla casa del suocero a Palma, in auto, accanto alla moglie incinta e con la figlioletta di 10 mesi dietro,  è stato freddato da due killer.

Questo gesto scellerato sicuramente fu  un avvertimento dei vertici di Cosa Nostra nei confronti  delle altre guardie carcerarie, per il trattamento riservato ai boss nelle carceri.

Infatti, dopo alcuni anni, il pentito Francesco Milazzo rivelò che Giuseppe era stato ucciso perché aveva sequestrato un pizzino, un biglietto di carta fatto arrivare in carcere per i terribili boss Agate, Ganci e Graviano. Cosa nostra non gli perdonò questo rispetto delle norme dello Stato. Giuseppe però non era arrogante, a detta di chi lo conosceva, era un uomo generoso e buono che mostrava sempre comprensione verso chi viveva tra le sbarre.

Il killer fu Vito Mazzara, «capo famiglia» di Valderice, professionista che partecipava ai campionati nazionali di tiro a volo. Con lui c’era un secondo killer rimasto senza volto. Mazzara e altri boss sono stati condannati all’ergastolo.

Un meritato ricordo

Dobbiamo sempre ricordarci del sacrificio di uomini coraggiosi come lui e tanti altri, che non piegandosi alla paura né alla rassegnazione, convinti del loro ideale di giustizia, hanno contribuito a risvegliare la coscienza dell’uomo comune. Che finalmente ha detto basta. Basta paura, basta omertà, basta coprire, basta sottomettersi.

Soprattutto, la mafia non riguarda solo gente di malaffare che si ammazzano tra di loro. Perché quando qualcuno riesce, con il favoreggiamento di qualcun altro, a fare soldi con qualcosa di illegale, ci fa del male a tutti noi. Perché se quel qualcosa è illegale, c’è un motivo. E se qualcuno fa qualcosa di illegale, fa un danno alla società.

Per esempio, tanti dei problemi che abbiamo oggi nelle città e nell’ambiente sono derivati da anni di scellerato abusivismo e costruzioni senza alcun criterio. Se le leggi per regolare l’urbanizzazione sono state modificate o addirittura tolte, qualcuno ha pagato un politico per farsele a proprio comodo. Ma poi, quando accadono le alluvioni o altre sciagure, chi ne piange le conseguenze sono i poveri cittadini.

Ecco perché, con tutto questo fregarsene della natura e della società, in appena settant’anni  abbiamo rovinato un pianeta. Ce lo siamo “rosicato”, come si dice in trapanese.

Il litorale tra Salinagrande e  Nubia

Visto che siamo a Palma, andiamo a Salinagrande. Qui c’è una grande salina, come dice il nome stesso. E anche una piccola, dolcissima chiesetta. C’è un grazioso porticciolo, molto popolato da imbarcazioni ormeggiate, specialmente in estate. C’è un grazioso mulino in buono stato di conservazione, ma non funzionante.

Peccato che la foce del fiume Misiliscemi, come penso si chiami, separi il litorale di Salinagrande da quello di Marausa.  Solo pochi metri di foce, tra l’altro ricoperti da posidonia spiaggiata, separano le due frazioni. Se fosse un pochino più pulito, si potrebbe andare a piedi o in bicicletta fino a Marausa. Immaginate che bella passeggiata dal Ronciglio a Marausa, lungo la costa del Mediterraneo, a due passi dalla riva?

A guardare la conformazione del territorio, con quest’insenatura grande e ben protetta, ho l’impressione che nell’antichità, magari al tempo dei Fenici, il porticciolo fosse molto più grande di adesso e comprendesse anche la parte al di là della foce. Sicuramente era adibito al trasporto del sale.

Mi chiedo come sia possibile che in meno di cinquant’anni il bellissimo litorale che dalla torre di Nubia va alla segheria abbandonata di Salinagrande sia diventato, da spiaggia con le acque trasparenti, putrido e puzzolente a causa delle acque stagnanti.

In pratica è strapieno di materia organica maleodorante, in decomposizione, depositatasi sulla battigia e galleggiante sulla riva.

posidonia spiaggiata sulla costa tra Nubia e Salinagrande

Il problema dell’abbondanza di posidonia

A quanto ho letto su internet lo spiaggiamento della posidonia nel periodo invernale è naturale ed è esistito da sempre. Le popolazioni più antiche usavano il materiale depositato  per l’agricoltura ma anche per altri usi, come per imbottire sedie. Infatti la posidonia è ignifuga, resiste alla muffa e garantisce un buon isolamento termico.
Se comunque la posidonia continua a perdere le foglie anche in estate non è del tutto normale, ma è dovuto all’azione antropica sempre più invasiva. I principali responsabili sarebbero l’attività di pesca a strascico, le ancore delle imbarcazioni da diporto, gli scarichi non a norma di legge.

I residui si possono accumulare in dune mollicce di colore nero, alte diversi centimetri, che il piede vi sprofonda. La posidonia è una pianta e come tale deve effettuare la fotosintesi, perciò vive nei fondali bassi, dove la luce arriva. Le acque intorbidite dagli scarichi impediscono la fotosintesi, da cui la moria di piante.

I depositi di posidonia sono importanti

Ma, invece, secondo il WWF, i depositi di posidonia sulla spiaggia sono del tutto naturali e svolgono una funzione di protezione delle spiagge dall’erosione. Inoltre costituiscono anche un luogo di riproduzione e deposizione delle uova in riva al mare per una grande varietà di organismi. Quindi devono essere lasciati dove stanno. Non solo! La Posidonia spiaggiata fa presumere che i fondali antistanti pullulano ancora di vita marina.

Il problema delle spiagge semmai è la famigerata plastica.

Studi scientifici  sottolineano che la rimozione della Posidonia dalle spiagge ha gravi conseguenze sulla stabilità dei litorali. Per questo motivo in alcune regioni italiane, nelle zone balneari, è fatto divieto di eliminare i cumuli di posidonia accumulati durante l’inverno sul bagnasciuga.

Si prescrive invece semplicemente di spostarli, durante la stagione balneare estiva, per poi rimetterli a posto all’inizio dell’autunno sui litorali. Se vengono tolti, inoltre si distruggono le uova depositate. Gravissimo! Già ci sono tante specie in via di estinzione, non possiamo continuare a distruggerle.

Sogno di una passeggiata

Un bel pasticcio. Che fare allora?

Ci sono le villette lungo il litorale e la spiaggia è putrida e puzzolente.  Fa schifo a camminarci sopra quando il piede affonda nel nerastro putrido. Va bene, sono d’accordo che la natura debba essere rispettata. Però mi sembra che non fosse così impraticabile una volta. E poi ci sono sempre gli accumuli di plastica a completare il quadro.

A cosa è dovuta questa esagerata moria di posidonia? Ho sentito diverse ipotesi che non posso avvalorare perché sconosco la materia. Forse la ricostruzione del porto di Trapani che è  stata malfatta e ha cambiato i fondali.

Forse l’avere spostato qui lo sbocco delle fognature della città di Trapani, togliendole dal lungomare Dante Alighieri. La vicina segheria che per anni ha depositato i rifiuti. O semplicemente troppa plastica in mare. Chi lo sa!

Insomma, il  WWF avrà pure ragione. Ma diciamocelo, quanto sarebbe bella questa spiaggia se solo fosse un pochino  più pulita!

Foto: Maria Virzì