Vento di Trapani: la città dei due mari

Ludovico Corrao, una vita spesa per un sogno

Una storia diversa, quella di Ludovico Corrao e Gibellina

Quella di Gibellina e di Ludovico Corrao è una storia diversa da quelle che solitamente si sentono in Sicilia. La ricostruzione di Gibellina non è straordinaria ed originale soltanto per la presenza di opere di artisti contemporanei che si possono ammirare a cielo aperto ma anche per la modalità con cui sono stati reperiti i fondi necessari per costruirle.

“In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei”

Costruire in Sicilia senza finanziamenti pubblici? Si può e ce lo dimostra la storia di Gibellina nuova.

Io sono cresciuto in una generazione in cui le notizie erano sempre uguali: se e quando si costruisce qualcosa in Sicilia alla fine risulta  fatta male e poi  ci vuole una vita per ultimarla perché la metà dei fondi stanziati, si sa ed è quasi normale, finiscono in mani poco pulite.

Ma leggere la storia delle opere artistiche di Gibellina nuova mi ha dato speranza. Persone attaccate alla propria terra e dotate della giusta dose di caparbietà e tenacia come Ludovico Corrao forse ce ne sono poche, ma sono proprio loro a lasciare un’eredità ai posteri, coloro che fanno della propria vita una missione. E, direi, quelle persone che credono nei sogni.

Da un’intervista di Renato Quaglia a Corrao:

I fondi per le opere d’arte di Gibellina nuova

Una delle ultime interviste a Ludovico Corrao è stata realizzata da  Renato Quaglia, direttore organizzativo di numerosi eventi culturali, tra l’altro coordinatore generale del Museo regionale di Arte Contemporanea della Sicilia Riso a Palermo.

Quaglia gli ha proprio chiesto dove avessero trovato le risorse per la costruzione di tutte quelle opere a partire dalla Stella, l’ingresso al Belice.

Simpaticamente Corrao riferisce di non essersi mai posto il problema, perché altrimenti essendo conscio della mancanza di fondi, si sarebbe fermato all’inizio. Corrao e Consagra passeggiando  immaginavano la porta nel posto dove sarebbe sorta. Ogni città antica aveva una porta e quindi anche la nuova Gibellina avrebbe dovuto averla. Loro però ne immaginavano una che riflettesse l’apertura e non la chiusura, da dove si entra e si esce liberamente.

Come disse Gesù, “Chiedete e vi sarà dato”.

E i fondi?

In partenza piccoli comitati locali, cittadini, artisti che donavano le loro cartelle che poi mettevamo in vendita e da cui ricavavamo i soldi necessari per la materia prima…

Un’operazione che ha mobilitato tutti

“Lei mi sta dicendo che questa esperienza eccezionale del Novecento, unica in Europa, è stata realizzata tutta con risorse private, non pubbliche?”, chiede l’intervistatore.

” Esattamente, tutta con risorse della gente. Tutto solo grazie all’impeto, alla generosità della gente di Gibellina, che ha capito tutto quello che si andava facendo. Quando ad esempio Consagra, dal progetto della Stella, ha fatto un modello per degli orecchini in oro, con una tiratura limitata di 300 pezzi, le donne di Gibellina hanno comprato tutti quegli oggetti e li portano ancora oggi con grande orgoglio. Così le cartelle di grafica… Abbiamo avuto qualche sponsor privato, come per l’opera di Burri è stato Carlo Pesenti… Qualche banca locale per qualche singola opera… Ma tutti piccoli contributi, perché non c’era di mezzo nessuna speculazione commerciale.”

Ma tutto quanto con denaro privato, nulla col denaro pubblico?

Nessuna lira del denaro pubblico.

Incredibile. La volontà di tutti è stata fondamentale: dei cittadini che avevano subìto il terremoto e non volevano abbandonare la propria terra, dei pochi politici come Corrao che avevano a cuore le sorti della popolazione, degli artisti innamorati del progetto di ricostruzione basato sull’arte, sulla cultura e sulla bellezza.

Il valore della cultura per Corrao

Il genere di progetto di ricostruzione scelto da Gibellina era stato ampiamente criticato da più parti. Come si può pensare all’arte e alla bellezza quando non si ha pane per mangiare e un tetto dove dormire?

Nulla è più inutile della cultura, ma nulla può essere fatto senza questa inutilità. Se a un popolo si toglie la forza del sogno, entra in uno stato di psicosi, di malattia inguaribile.” Dice Corrao.

Ma perché istallare opere di architettura tra l’altro poco comprensibili per i cittadini di quei paesini, in generale contadini con una scarsa cultura? Non sarebbe stato meglio invece creare piccole industrie, attività imprenditoriali, cooperative? A molti appariva più logico migliorare le condizioni dei siciliani dando loro mezzi economici per generare produttività.

La questione meridionale

Ma sarebbe servito davvero? I Siciliani delle zone più interne e più povere, per le loro vicissitudini storiche, non erano e per molti versi non sono ancora in grado di avere una capacità produttiva.

La mentalità era e continua in parte ad essere troppo individualista, poco incline alla cooperazione e alla fiducia nell’altro. Si ha poco senso civico, poco senso di appartenenza ad una collettività più grande, senso di isolamento e di diversità nei confronti dello stato italiano. A volte questo è sfociato in una difesa spropositata della propria identità anche a costo di difendere il malcostume. Prevale un senso di separativismo dal resto dell’Italia e dell’Europa piuttosto che di partecipazione. La partecipazione dei cittadini alla vita politica del proprio territorio è subordinato all’interesse personale.

La famosa questione meridionale ci dice che fin dall’unificazione del Regno d’Italia esiste un divario fra il nord e il sud della penisola. C’è una grande sproporzione non solo nel campo economico ma anche nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale.

Il divario tra nord e sud 50 anni dopo

Oggi, a ben cinquant’anni dal terremoto,  questo divario culturale si va attenuando grazie anche ai media e a internet e agli aiuti della Comunità Europea. La questione meridionale però rimane ancora. La disoccupazione e l’emigrazione sono altissime. Perché la capacità produttiva e di impresa nasce solo se la gente ha dentro fuoco vitale e volontà. Senza cooperazione e senza una visione più ampia è difficile arrivare ad un cambiamento.

Per questo Corrao afferma:” È questa l’illusione economicistica di oggi: credere che la ricchezza e lo sviluppo possano portare alla trasformazione dell’uomo. È l’inverso, invece.

E’ la cultura a portare ad una reale trasformazione dell’uomo.

Non è il solo a pensarla così. Diversi economisti anche esteri che si sono cimentati a capire le ragioni dell’arretratezza del sud dell’Italia sono arrivati alla conclusione che lo scarso sviluppo economico era dovuto all’assenza di sviluppo civile e culturale. Non solo, l’assistenzialismo viene visto come il principale ostacolo allo sviluppo.

Per Corrao è l’arte che può trasformare l’essere umano

E qui cito ancora una frase tratta dall’intervista.

Quando una donna… un artigiano, vive tra difficoltà terribili e immense, è tentato dalla depressione, dall’abbandono, dalla resa.  Quando invece trova in se la forza di scoprire le ragioni profonde della sua stessa esistenza, del perché è qui, su questa terra, del perché fa parte di questo universo, di questo Creato, allora si sprigiona in lui una forza liberatrice che aiuta la società ad uscire dalla rassegnazione, dall’immobilismo, dalla pena di ogni giorno e dalle pene della vita. È un po’ una funzione catartica, come certe volte può saper essere la religione.

L’arte quindi può essere una via per lo sviluppo dell’uomo principalmente perché è espressione della luce e della bellezza di Dio. L’arte però non è solo contemplazione, ma trasformazione dell’identità dell’uomo e del suo destino. E’ un modo con cui l’essere umano si confronta con se stesso, con le sue nobili aspirazioni ma anche con le sue perversioni. L’arte non è solo benessere, è anche la trasposizione delle sciagure, delle brutture dell’umanità, la cui consapevolezza è necessaria per perseguire un ideale più alto, un ordine superiore. E’ il mezzo attraverso cui sia l’artista che l’osservatore possono venire in contatto con la propria essenza.

Il vero benessere non è solo quello economico

Corrao ha sempre criticato il pensiero economico che misura il benessere di un popolo con il suo PIL.

Ancora una volta cito le sue parole:

Oggi c’è separatezza, anche in questo caso, come sempre, in conseguenza di una concezione sbagliata dell’economia, che si intende fonte infinita ed esclusiva di ricchezza. Per questo ideale frainteso di ricchezza l’uomo diventa schiavo di se stesso, le popolazioni schiave della propria terra, cercano di sfruttarne esasperatamente le risorse, come il petrolio, la ricerca spasmodica del possesso delle risorse scatena le guerre, l’incendio del mondo. 

Ora c’è insabbiamento, classificazione che chiude in gabbie i diversi saperi e non ne fa scoprire la complessità delle relazioni. E soprattutto c’è isolamento dell’uomo come vero e unico centro. Ora l’uomo è periferia, periferia di un centro che è la società della ricchezza e del benessere.

Mentre le altre società, quella dell’amore, della gioia, della sofferenza, dell’emarginazione…rimangono ai margini.

Una vita spesa con impegno per la sua gente e per l’arte

Ludovico Corrao

Corrao si definiva una persona non propriamente religiosa, ma spirituale. La spiritualità è stata la molla che gli ha sempre permesso di andare avanti e di donare tutto se stesso al progetto di Gibellina nuova. Era un uomo che ad un primo sguardo appariva eccentrico e distante, eppure sempre vicino ai problemi della povera gente.

Aveva studiato prima al seminario e poi alla facoltà di Giurisprudenza. In seguito alla laurea esercitò l’avvocatura. Sempre vicino ai poveri, ai contadini e alla gente umile, aveva condotto battaglie civili e sociali per il riscatto della povera gente siciliana martoriata da una vita di stenti e di angherie. Nel 1965 fece parlare di sé divenendo il legale di parte civile di Franca Viola, la prima donna in Italia a ribellarsi al matrimonio riparatore. Sfidando la società maschilista del tempo, questa vicenda contribuì in modo determinante a fare cancellare il delitto d’onore dal codice penale.

Era un uomo dotato di una straordinaria vitalità interiore, sempre al lavoro con i suoi progetti fino a tarda età. La sua carriera politica cominciò nelle ACLI e nella Democrazia Cristiana. Nel 1955 venne eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana nella lista della Democrazia Cristiana.

Dal 1960 al 1962 fu anche sindaco di Alcamo, dove era nato nel 1927, e poi restò consigliere comunale.

Intanto si era avvicinato alla sinistra e nel 1963 venne eletto deputato alla Camera, come indipendente nella lista nel PCI. Nel 1968 fu eletto Senatore della Repubblica e aderì al gruppo degli Indipendenti di sinistra, fino al 1976.

Dopo il sisma divenne sindaco di Gibellina e restò sindaco a più riprese fino agli anni ottanta.

Tornò senatore nel 1994 e nel 1996, eletto col PDS  nel collegio di Alcamo, fino al 2001. Dal 1995 al 2000 ridivenne sindaco di Gibellina.

Le Orestiadi

La sua fervente attività culturale culminò con la nascita nel 1981 delle Orestiadi di Gibellina, un festival internazionale con manifestazioni, anche realizzate e autoprodotte, che vanno dalle rappresentazioni teatrali a quelle musicali, dalla pittura alla scultura, al cinema. Poi nacquero la Fondazione Orestiadi nel 1992 (di cui fu presidente fino alla morte), e il Museo delle Trame Mediterranee.

L’amore per le cose belle e l’arte

Dai racconti della figlia Francesca sul padre e la vita familiare si comprende che Ludovico Corrao aveva sempre amato le cose belle e l’arte. Già ai tempi del suo soggiorno per gli studi universitari a Palermo si fermava a comprare al Mercato delle Pulci un gran numero di oggetti preziosi. Da studente, con notevoli sacrifici, aveva aiutato alcuni giovani colleghi negli studi, con il duplice risultato di contribuire al suo sostentamento e di poter comprare oggetti antichi.

Aveva un’attenzione particolare soprattutto per quel che riguardava il recupero della memoria artistica siciliana nelle diverse espressioni.

Francesca studiava l’arabo e dopo gli studi cominciò a viaggiare nei paesi dell’Africa settentrionale. Quando il padre andava a trovarla passava molto tempo nei mercati e dagli antiquari, affascinato dagli oggetti, dai tappeti, dagli  abiti e dai gioielli mediorientali. La casa nel frattempo si arricchiva di opere d’arte e oggetti etnici portati dal padre e dalle figlie di ritorno dai numerosi viaggi, nonché dagli amici artisti che continuavano a venire numerosi.

A casa Corrao venivano spesso artisti a fare visita, alcuni noti come il pittore Renato Guttuso, il poeta Ignazio Buttitta, lo scrittore Leonardo Sciascia e una volta perfino Giuseppe Ungaretti.

Il dopo terremoto

Dopo il terremoto Corrao aveva conosciuto e aveva cominciato a frequentare Pietro Consagra, Carla Accardi e altri artisti astrattisti.  All’inizio si era rivolto agli artisti e agli intellettuali di origine siciliana per avere il loro contributo nella ricostruzione della città. Li invitava così a pagare il loro debito di gratitudine verso quella terra dove erano venuti alla luce. Gli artisti hanno sempre risposto con entusiasmo perché le idee e la generosità di Corrao erano stimolanti e contagiose.

Negli anni furono gli stessi artisti siciliani a coinvolgerne altri italiani e stranieri invitandoli a dare il loro contributo. Soprattutto Pietro Consagra si dedicò anima e corpo alla ricostruzione di Gibellina, costruendo tra l’altro tante porte.

La famosa porta del Belice, ma anche le porte della Città di Tebe, la porta dell’orto botanico e quella del cimitero. Ma anche il carro votivo per San Rocco è opera sua. Disegnò perfino gioielli per le donne di Gibellina e pannelli di ceramiche e motivi per i ricami che le donne avrebbero poi completato.

Gibellina laboratorio artistico

I siciliani invitarono altri artisti. Leonardo Sciascia non smise di fare appelli allo Stato, per dare una casa ai superstiti sfollati nelle baracche. Renato Guttuso dipinse fiaccole accese per le notti di Gibellina. E poi Mario Schifano dipinse delle tele enormi insieme ai bambini. Emilio Isgrò scrisse spettacoli per Gibella, coinvolgendo gli abitanti. Arnaldo Pomodoro, Toti Scialoja, Mimmo Paladino costruirono scenografie per le Orestiadi.  Alighiero Boetti realizzò il nuovo “prisenti” per il patrono San Rocco. L’artista tedesco Joseph Beyus nel 1981 venne a passare il Natale in mezzo alle rovine, commosso da  tutto quel che gli stava intorno. La cosa bella era che gli artisti non mandavano le opere già fatte ma le producevano in loco, con il coinvolgimento della popolazione, creando dei laboratori

Il fenomeno del ritorno degli artisti

Questi artisti hanno dato vita al “fenomeno del ritorno”, spiega Corrao. “Sono venuti a Gibellina tutti i grandi artisti siciliani. Sentivano che qui era la loro terra, il loro destino, che qui non avevano cittadinanza i problemi del mercato dell’arte.

Cosa potevamo offrire di più noi, un piccolo paese distrutto al centro della Sicilia, a Beyus più di quanto già lui aveva dal mercato? Nulla.

E questo valeva per tutti gli altri grandi artisti, come Alighiero Boetti, che lavorava con le donne in Afghanistan, come lavorò qui con le donne a Gibellina.

Ecco cosa potevamo offrire loro: la possibilità di cercare nelle periferie le radici del proprio essere, della propria anima.

La collezione nata negli anni

Spesso, racconta la figlia, il padre comprava le opere degli artisti per compensare la loro generosità nel lavorare per i progetti di Gibellina. Questi a loro volta donavano i loro disegni per ringraziarlo dell’ospitalità. Corrao li ospitava a casa loro, li portava in giro, e insieme alle figlie cucinava cene abbondantissime fatte anche di piatti tipici siciliani.

La prima mostra allestita risale al 1980, in occasione della donazione delle opere grafiche raccolte da Nino Soldano, un gallerista di Sciacca attivo a Milano.

Tutte queste opere che facevano parte della sua collezione privata, collezionate fin dai tempi dell’università, lo hanno seguito sempre, anche quando negli ultimi anni della sua vita si è trasferito a vivere alla Fondazione. E aveva pregato le figlie di lasciarle lì e di rinunciare all’eredità.

Affascinati dalla sua passione per il bello molti hanno sostenuto Corrao nella sua eccezionale opera. Tra questi politici e funzionari, piccoli e grandi mecenati, che lo hanno aiutato a realizzare un museo unico al mondo.

Quale è l’economia che ha generato oggi questo progetto?

“Questo modello di ricostruzione che ha scelto l’arte e l’architettura nuovissima, poi anche di rivalutare il rapporto tra arte e artigianato e infine di focalizzare la vostra azione a ritessere le fila del rapporto tra Sicilia e mediterraneo e Africa del nord, tutto questo lungo progetto che è durato quarant’anni, che economia ha prodotto?”

Per le nostre terre si tratta sempre di economie povere, tenendo sempre presente che il substrato antropologico delle persone non era attrezzato per una trasformazione in economie diverse. Scomparendo il feudo scompare un mondo… Ma la piccola proprietà contadina si afferma ugualmente e crea nuove possibilità. Queste terre che un giorno erano soltanto brulle e di magnese, adesso sono colorate dagli smalti dei colori del verde dell’ulivo, delle vigne, dal giallo dei meloni. La rete enorme di cooperative sociali per la lavorazione dei prodotti agricoli, anche Gibellina ha dato origine a una piccola zona artigiana…

Qui lavorano piccole industrie vinicole già ben affermate nel panorama internazionale, l’industria del dolce, industria della ricotta e dei formaggi, piccole cose che costituiscono una seppur esile trama di economia, attorno a queste, evidentemente tutta la ristorazione e l’accoglienza delle famiglie con i bed&breakfast sempre pieni, sempre attivi…

Che valore ha un sogno?

Direi che il valore di Gibellina è inestimabile. Non è solo il valore delle opere d’arte in esposizione, che già è tanto, ma non si può calcolare il valore di un sogno o di un’ideale. Un sogno che ha sormontato mafia, malgoverno, violenza e critiche velenose e sappiamo quanto sia difficile in Sicilia non farsi mettere a tacere. Un sogno che ci ha lasciato in eredità e che tutti siamo portati a difendere. E’ un progetto pilota che ha molto da insegnarci, un seme gettato in questa nostra Sicilia, isola sacra a Demetra, che prima o poi rifiorirà.

fonti:

Gibellina e il MUSEO delle TRAME MEDITERRANEE storia e catalogo ragionato

a cura di Orietta Sorgi, Fabio Militello storia e catalogo ragionato

http://www.arte.rai.it